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Il contadino
Un contadino rivoltava la terra con un vomere affilato come un unghia. Il lavoro era duro e faticoso ma il contadino lo faceva dicendo: Tutto tornerà da me perché il mio cuore è dentro questa terra ed è qui che vuol rimanere.
L’estate inaridiva la sua pelle ma le mani, per quanto storpiate dal dolore, sembrava che cullassero il manubrio di quel lungo dito di ferro che segnava davanti a sé cicatrici arse nel calore. Così il contadino penetrava dentro di essa ed ogni gesto lo misurava affinché la terra potesse sentire : Ti voglio bene.
Poi, intinse la mano dentro l’anima e ruotando il braccio per accarezzare il suo sogno, spolverò di semi quei solchi, sebbene da lontano apparissero neri ali di uccelli pronti a raccogliere tutta quella emozione.
La terra , quieta all’orizzonte, si lasciava cullare dai piedi del contadino che si muovevano come in una danza.
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Il cielo, contemplò quel lavoro e trasformò la polvere del suolo in perle perché i semi potessero abbeverarsi e fiorire, flessuosi ed incantevoli al tocco dell’aria..
Il contadino osservava quel miracolo e si sentiva contento pensando che erano state le sue carezze a portare vita in tutto quanto c’era intorno.
Di notte, le spighe ascoltavano i suoi sogni ed il contadino sentiva l’alito d’argento che veniva dal suo campo illuminato dalla luna. Poi venne il giorno di mietere. Il grano, maturo, si offriva al morso dei coltelli senza tuttavia che il contadino si decidesse a raccogliere tutto quel benessere. Il tempo passava e le spighe della terra reclinavano sempre di più il capo stanche di non essere raccolte per entrare nell’anima di quell’ uomo.
Riapparvero all’orizzonte i corvi ed il cielo si mutò in piombo.
Le luci diventarono malinconiche e la terra diventò un pantano che lentamente imputridiva. Il contadino si accorse che quel lavoro si trasformava davanti ai suoi occhi senza che lui potesse darsi alcun aiuto.
Impietrito dal dolore, attese che tutto ritornasse come prima, ma quel tutto si trasformava ancora e si perdeva in una notte d cattivi odori. Allora si dimenò come un pazzo mentre la nebbia dell’autunno gli portava via per sempre il fruscio degli steli che ormai non sentiva più. Il contadino strinse i pugni deformati, voleva solo abbracciare quella terra per seppellirvi dentro il suo cuore.
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