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Un giorno d’autunno, quando le foglie come farfalle brune volano verso il cielo e tutte le emozioni rallentano gli umori posandosi per terra per morire tra il sapore di castagne e il profumo dei camini, due bambini, uno dall’odore incerto di tabacco e l’altra fragile come il colore di betulla, si incontrarono attorno a parole che nessuno più ascoltava.
Allora la bambina disse: “Lasciami piangere perché sono felice”.
Ma il bambino si mise giocare e lei sorrise.
Vene l’inverno e le parole si accesero e una accanto all’altra si dettero armonia. La laguna gelò e i pensieri si misero a danzare. La nebbia, come un filtro di diamanti, colorò di luce tutto il buio che c’era intorno e loro si toccarono le mani.
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La gioia rese caldo tutto il bosco che calpestavano. I piedi nudi, come i pensieri nuovi, sciolsero la neve e un sentiero si aprì dietro di loro dove i detriti di un arcobaleno galleggiavano come le piume del Quetzal.
I bambini trafissero il prato di sorrisi mentre spine di stelle lontane aprivano ferite che profumavano di rosso. Ma la bambina disse: “ Lasciami piangere perché sono stanca”
Il bambino ritornò a giocare e lei sorrise.
Girò la luna e tante volte che sembrava ferma. Fissa allo zenith di pupille brillanti che continuavano a brillare. Poi la luce, sempre più intensa li spinse dove si raccoglie il silenzio.
I due si guardarono intorno con sospetto, poi la bambina, per la terza volta, disse:
“ Lasciamo piangere, perché sono in un sogno”:
Ma il bambino tornò a giocare per la terza volta e lei sorrise.
Quando il cielo si aprì, l’odore incerto di tabacco diventò deciso e il fragile colore di betulla prese forma. I due bambini smisero di sorprendersi e cominciarono a scoprirsi. Si videro con gli occhi e con la mente; poi col cuore e le carezze e le parole che non c’erano più ora avevano dei suoni.
Il bambino si vestì da vecchio e la bambina disse ancora: “Lasciami piangere perché ho voglia di farlo”.
Adesso il bambino smise di giocare e l’ascoltò dicendo: “Piangi pure, io sono qua perché nessuno ti disturbi”.
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